Anche il vino è su blockchain: Wine Protocol è la novità più gustosa dell’anno
Il settore del vino, e dell’enogastronomia in generale, ha visto crescere negli ultimi anni il numero dei propri appassionati: si sono moltiplicati i corsi di sommelier anche per chi non è del mestiere, e ne fa quindi un hobby, ad esempio; oppure basta pensare al risalto dato a manifestazioni come il Vinitaly, che attirano appassionati da tutto il Mondo, facendo lievitare i prezzi dei biglietti e spingendo gli organizzatori e a limitare gli accessi dei non addetti ai lavori.
Nonostante tutto questo entusiasmo, questo settore non ha visto grandi innovazioni negli anni, restando di fatto pressochè immutato, ancorato a metodi di vendita e di comunicazione abbastanza tradizionali.
A cambiare un po’ le cose, dando una spinta giovane e decisamente tecnologica all’enologia ci ha pensato Wine Protocol, una realtà giovane, dinamica e legata indissolubilmente alla tecnologia blockchain.
Andiamo, dunque, a scoprire qualcosa in più su questo nuovo business in ascesa, che si prefisse di mettere in contatto il mondo del vino con quello delle criptovalute e degli NFT.
Wine Protocol: guadagnare sorseggiando un calice di vino
Wine Protocol è una società svizzera, fondata da Tommaso Selicorni, che ne è anche Amministratore Delegato e Andrea Montalbano, insieme ad un ristretto gruppo di amici fidati. Sono tutti ragazzi poco più che ventenni, con un’ottima propensione al business e una passione per il vino. L’azienda nasce a marzo di quest’anno: il 5 marzo viene lanciata la cripto Wine su Binance Smart Chain e acquistabile sull’exchange di Pancake Swap. Grazie agli investimenti raccolti con la valuta elettronica è stato possibile creare in Svizzera la società di Wine Protocol: la scelta di non aprire in Italia è dovuta al fatto che nel Bel Paese manca ancora una legislazione chiara in ambito cripto, spiegano Selicorni e Montalbano. Il loro obiettivo è presto detto, vogliono creare un ecosistema unico, sviluppato all’interno di un’applicazione multifase in cui i diversi utenti possano interagire direttamente con i partners del progetto, come ad esempio locali, bar, cantine e produttori, attraverso l’uso della moneta Wine.
Infatti, si può parlare del primo “drink to earn” esistente: gli utenti, infatti, possono guadagnare Wine semplicemente scattando un selfie mentre degustano in vino, ad esempio. L’applicazione consentirà ai partner del progetto di accedere alle informazioni di consumo degli utenti, i vini scelti, i pareri, la geolocalizzazione. È importantissimo questo aspetto, poiché crea consapevolezza anche negli utenti circa l’utilizzo dei loro metadati: il guadagno di Wine deriva per l’appunto dalla possibilità di sfruttare i dati messi a disposizione grazie alla foto.
Con i social network, se ci pensiamo, condividiamo milioni di nostri dati, sena preoccuparci del fatto che le aziende possano usarli per tracciamento e profilazione, e soprattutto, senza guadagnarci. Con Wine Protocol, invece, è possibile guadagnare facendo un’attività piacevole e condividendola con la community.
L’asta di Wine Protocol: tra NFT e utility nascoste
Le novità proposte, però, non si limitano solo al Drink to Earn. Wine Protocol, di fatti, ha anche pensato a una linea di NFT. Ogni bottiglia proposta avrà un’etichetta creata da Luca Grisoni, artista di NFT: gli NFT racconteranno tutti i passaggi che hanno portato alla realizzazione della specifica bottiglia, dalla fase della vendemmia a quella dell’imbottigliamento. Grazie all’NFT presente nell’etichetta, ogni bottiglia è certificata e garantita. Inoltre, all’interno di ogni NFT è nascosta una qualche utility che regalerà esperienze uniche all’utente. Sette di queste bottiglie, infine, sono state messe all’asta, presso la sede di SHED a Cernobbio, lo scorso aprile, raggiungendo una vendita complessiva di oltre sessantotto mila dollari, a riprova del grande interesse suscitato dal progetto.